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iRobot Story: il robot 510 PackBot dai campi minati alla centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi


Di tutti i robot per uso industriale e militare prodotti in passato da iRobot, il 510 PackBot è il più conosciuto. La casa americana, apportando continui miglioramenti all’hardware e al software, lo affiancava come robot di supporto ai vari corpi delle Forze Armate degli Stati Uniti o agli enti governativi e privati che ne facevano richiesta. Il suo impiego era previsto sui campi di battaglia, nelle operazioni di disinnesco delle bombe e ovunque l’intervento umano risultasse a rischio.
Diverse unità PackBot sono state per esempio impiegate con successo per misurare i livelli di radioattività nell’aria dentro i reattori nucleari di Fukushima Dai-ichi, in Giappone, danneggiati dallo tsunami che sconvolse il Paese asiatico nel marzo 2011. Il punto di forza di ogni robot PackBot era nella sua natura modulare, adattabile ed espandibile, ovvero nella possibilità di essere equipaggiato con sensori e accessori vari (bracci meccanici con i quali afferrare oggetti, telecamere speciali, rilevatori di vapori, etc…), studiati per svolgere missioni militari e operazioni di ogni tipo, garantendo ai soldati o agli operatori civili di tenersi sempre a distanza di sicurezza dal pericolo. Lo slogan con cui la casa americana comunicava la sua “creatura robotica” era infatti: “One robot – Unlimited Possibilities”, ovvero “Un solo robot – Possibilità Illimitate”.

iRobot 510 PackBot
L’iRobot 510 PackBot in missione

Come era fatto il robot di servizio iRobot 510 PackBot

I robot PackBot concentravano al loro interno la tecnologia e i segreti che la casa del Massachusetts, in più di vent’anni di ricerca e sviluppo, aveva messo a punto. Malgrado ciò, la loro struttura e il loro utilizzo non risultavano affatto complicati. I PackBot, grazie a un efficiente sistema di cingoli, potevano muoversi su ogni superficie, dal normale pavimento al terreno più accidentato, sul fango e sulla neve, superare ostacoli, salire e scendere le scale, raggiungendo nelle migliori condizioni di moto la velocità di quasi 10 Km/h. Il corpo robusto poteva inoltre sopportare urti e cadute da un’altezza massima di 1,8 m, consentendo per esempio ai soldati di lanciarlo al suolo da un elicottero senza che questo dovesse necessariamente atterrare. In più si rivelava un mezzo anfibio, potendo operare in condizioni subaeree ma anche sott’acqua, fino circa 2 metri di profondità. Il peso, senza batteria e senza accessori, era di poco superiore a 10 kg. L’anima del sistema PackBot risiedeva nel software di controllo Aware 2, sviluppato e aggiornato di continuo dalla stessa iRobot, per interagire a distanza, oltre che con il robot, anche con gli accessori e i sensori a esso collegati. L’operatore militare o civile disponeva infatti di un’unità di controllo remota (l’Ocu, da Operator Control Unit) – in pratica uno speciale notebook da 15 pollici in grado di resistere a condizioni estreme – e di un joystick simile a un gamepad per console, dotato di leve e pulsanti. Sullo schermo LCD dell’unità di controllo, l’operatore osservava quindi mediante gli “occhi” del PackBot, ascoltava attraverso i suoi microfoni, riceveva informazioni sulla sua precisa posizione grazie a telecamere ad alta definizione capaci anche di creare immagini tridimensionali. L’autonomia del robot e della Ocu, garantite entrambe da speciali batterie al litio ad alta efficienza e ricaricabili, era costantemente monitorata a schermo. La comunicazione fra le unità avveniva mediante onde radio con frequenza di 2,4 e 4,9 GHz. Le possibilità di personalizzazione e riconfigurazione erano infinite, predisponendo il PackBot al tipo di missione al quale era destinato e facendo del “sistema uomo-macchina” un tutt’uno. Date le dimensioni contenute, poteva essere inoltre trasportato nel vano di una qualsiasi automobile o a bordo di un elicottero, richiedendo meno di due minuti dall’accensione alla piena efficienza. Non era infine richiesto personale altamente qualificato per pilotarlo il che lo ha reso uno dei più utilizzati robot di iRobot al mondo, tanto versatile quanto facile da usare.

Un intero catalogo di accessori per infinite configurazioni

Il catalogo degli accessori, dei sensori e degli strumenti di cui si poteva dotare ogni PackBot, offriva un’idea del numero di applicazioni a cui il soldato robot si prestava. Erano disponibili bracci meccanici con più gradi di libertà, dotati di pinze per la presa e telecamere a elevatissimi fattori di ingrandimento (fino a 312x), come il Manipulator 1.0, capace di sollevare mine od oggetti con un peso massimo di 15 Kg; bracci dotati di sofisticate telecamere in grado di seguire il movimento degli oggetti posizionati all’altezza di oltre 1,2 metri, come il Camera Arm; sensori come l’ICx Fido Explosives Detection con i quali “annusare” l’aria e rilevare la presenza di sostanze esplosive in sospensione negli ambienti sotto perlustrazione; telecamere termiche con la LWIR Thermal Camera capaci di vedere anche in presenza di nebbia fitta, fumo, luce scarsa o addirittura in totale assenza; kit come l’HazMat che permetteva al robot di raccogliere campioni d’aria per analizzarne la composizione chimica e individuare tracce di isotopi radioattivi ed emissioni di raggi gamma, oltre a rilevare la presenza di un gran numero di composti come combustibili gassosi, volatili organici, ammoniaca, monossido di carbonio e via dicendo.
La casa madre forniva tuttavia alcune configurazioni di base finalizzate a specifici impieghi. Il PackBot 510 for EOD Technicians era equipaggiato per individuare e disinnescare ordigni esplosivi di vario genere, compresi i temibili IED (Improvised Explosive Device, ovvero ordigni di fabbricazione artigianale).
La versione 510 PackBot for Infantry Troops, dedicata cioè alla fanteria, era invece una delle più versatili disponendo di un braccio meccanico in grado di allungarsi fino a un metro e sollevare pesi di circa 2,5 kg, di un braccio dotato di telecamera in grado di restituire immagini molto ravvicinate e di una lampada a luce bianca e all’infrarosso. Tutte configurazioni che hanno trovato impiego presso i campi di battaglia e di intervento di mezzo mondo: dall’Iraq all’Afghanistan, venivano utilizzati dai soldati in missione per identificare e neutralizzare dispositivi esplosivi, facilitando la ricognizione e la messa in sicurezza dei percorsi seguiti dall’esercito.
Sono note, nella diverse varianti in cui il PackBot era configurabile, le collaborazioni fra iRobot e l’U.S Navy, la Forza Navale degli Stati Uniti, per contratti da diversi milioni di euro. A tal proposito sono state significative le parole di Robert Moses, allora presidente della divisione Government and Industrial Robots di iRobot: «I cosiddetti IED (Improvised Explosive Device), ovvero ordigni esplosivi improvvisati, restano fra le principali minacce alla sicurezza e alla vita dei nostri soldati. I PackBot salvano ogni giorno vite umane, consentendo ai militari in missione di individuare e disinnescare gli esplosivi, mantenendosi alla giusta distanza di sicurezza. Siamo davvero orgogliosi della fiducia che la Marina Militare degli Stati Uniti continua a rinnovarci di giorno in giorno».